Esclusione delle donne singole dalla PMA: la Corte conferma la legittimità dell’art. 5 l. n. 40/2004 – 9 giugno 2025
09 Giugno 2025
Corte Costituzionale, 22 maggio 2025, n. 69/2025
La Corte Costituzionale si è pronunciata sulla presunta legittimità dell’art. 5, l. n. 40/2004, nella parte in cui preclude alle donne singole l’accesso alla tecnica di procreazione medicalmente assistita, per contrasto con gli artt. 2, 3, 32 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione agli artt. 8 e 14 della CEDU, dichiarando non fondate le questioni di legittimità sollevate dal giudice a quo.
La Corte ha precisato che la disciplina dell’accesso alla PMA coinvolge valutazioni sul piano sociale e relazionale che giustificano l’ampia discrezionalità legislativa nella regolazione della materia, discrezionalità che incontra, come unico limite, quello della manifesta irragionevolezza o sproporzione. Da questo punto di vista la Corte ha considerato non irragionevole, in base al principio di precauzione e nel migliore interesse del futuro nato, la scelta legislativa di non sostenere progetti genitoriali che prevedano, almeno in partenza, l’assenza della figura paterna. In questa prospettiva, pertanto, la compressione dell’autodeterminazione procreativa della donna singola non è a sua volta manifestamente irragionevole o sproporzionata, e pertanto non è censurabile.
Inoltre, dopo aver distinto tra infertilità patologica, propria delle coppie che rientrano nella ratio curativa della legge n. 40/2004, e infertilità fisiologica, caratteristica delle donne single, la Corte ha ribadito che tale distinzione è idonea a giustificare una disciplina differenziata. La ratio della legge infatti indirizza la tecnica procreativa della PMA verso l’obiettivo di offrire un rimedio alla sterilità che abbia una causa patologica, mentre l’infertilità fisiologica della donna singola non è omologabile a detta situazione, sicché la disomogeneità dei due gruppi di ipotesi non determina una irragionevole disparità di trattamento. La Corte ha pertanto escluso la violazione dell’art. 3 Cost. e dell’art. 14 CEDU in correlazione con l’art.8.
Per quanto riguarda il presunto contrasto con l’art. 32 Cost., in riferimento alla temporaneità dell’età fertile della donna, la Corte ha dichiarato che tale infertilità naturale non è patologica e non può dunque essere attratta nella tutela del diritto alla salute. Inoltre, il mancato accesso alla PMA non incide nemmeno sul diritto alla salute psicologica, in quanto esso non può essere dilatato sino ad abbracciare ogni aspirazione o soddisfazione personale, tra cui l’autodeterminazione orientata alla genitorialità
Quanto infine alla presunta disparità di trattamento correlata alle condizioni economiche delle donne, la Corte osserva che essa non è imputabile alla disciplina statale censurata, ma è semmai la naturale conseguenza della presenza di legislazioni straniere che dettano differenti regole.