Corte Costituzionale: nei casi di minore nato in Italia da PMA praticata all’estero da una coppia di donne, l’atto di nascita deve indicare, insieme alla madre biologica, anche la madre intenzionale – 29 maggio 2025
29 Maggio 2025
Corte costituzionale 22 maggio 2025, n. 68
La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 8 della legge n. 40 del 2004 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita), per violazione degli artt. 2, 3 e 30 Cost., nella parte in cui non prevede che pure il nato in Italia da donna che ha fatto ricorso all’estero, in osservanza delle norme ivi vigenti, a tecniche di procreazione medicalmente assistita, ha lo stato di figlio riconosciuto anche della donna che, del pari, ha espresso il preventivo consenso al ricorso alle tecniche medesime e alla correlata assunzione di responsabilità genitoriale.
La questione era stata sollevata dal Tribunale di Lucca nell’ambito di un giudizio di rettificazione di atto di nascita, avviato in ottemperanza alla Circolare del Ministero dell’interno del 19 gennaio 2023, n. 3, che vieta l’iscrizione nell’atto di nascita della madre intenzionale.
Condividendo le preoccupazioni del giudice rimettente, la Corte assume, già in base alla ratio della legge n. 40/2004, per come dalla stessa interpretata, che la volontà condivisa di generare un figlio mediante PMA rappresenta un adeguato fondamento per il sorgere della responsabilità genitoriale anche in ipotesi di scissione tra identità biologica e identità giuridica, fondata, in base all’art. 6, sul consenso comune al progetto di genitorialità, ritenuto titolo idoneo a fondare lo status filiationis (sentenza n. 162 del 2014). Contestualmente a tali doveri sorgono anche tutti i diritti previsti dalla legge in capo al figlio, alla luce del principio del miglior interesse del minore, e in relazione al principio dell’unicità dello status filiationis, il cui riconoscimento è «elemento costitutivo dell’identità personale, protetta, oltre che dagli artt. 7 e 8 della citata Convenzione sui diritti del fanciullo, dall’art. 2 della Costituzione» (sentenza n. 32 del 2021).
La Corte ritiene che il mancato riconoscimento al nato in Italia dello stato di figlio di entrambe le donne che, sulla base di un comune impegno genitoriale, abbiano fatto ricorso a tecniche di PMA praticate legittimamente all’estero, costituisca violazione: dell’art. 2 Cost., per la lesione dell’identità personale del nato e del suo diritto a vedersi riconosciuto sin dalla nascita uno stato giuridico certo e stabile; dell’art. 3 Cost., per la irragionevolezza dell’attuale disciplina che non trova giustificazione in assenza di un controinteresse; dell’art. 30 Cost., per la lesione dei diritti del minore a vedersi riconosciuti, sin dalla nascita e nei confronti di entrambi i genitori, i diritti connessi alla responsabilità genitoriale e ai conseguenti obblighi nei confronti dei figli.
La Corte ribadisce infine come l’attuale disciplina dell’adozione in casi particolari appaia insufficiente per sanare il vulnus all’identità personale e all’interesse del minore a vedersi riconosciuto in maniera immediata, stabile e non precaria lo stato di figlio ai sensi dell’art. 8 della legge n. 40 del 2004 (sentenza n. 32 del 2021).